Archivio mensile:Giugno 2018

Domenica 17 Giugno – XI Domenica del T.O.

Ermes Ronchi, su Avvenire: Dio racchiude il grande nel piccolo, l’eternità nell’attimo

Enzo Bianchi, monastero di Bose: La potenza del seme del Regno

La rivelazione dell’efficacia della parola di Dio è decisiva per noi cristiani. Questa Parola, infatti, è “potenza di Dio” (Rm 1,16), è seme di vita immortale (cf. 1Pt 1,23) e ha in sé una potenzialità che noi non possiamo prevedere. Proprio come afferma il profeta Isaia a nome del Signore: “La Parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,11). Certo, l’efficacia della Parola ha una modalità propria di operare in forme molto diverse, non prevedibili, che possono anche contraddire il nostro modo di pensarla e discernerla. È un’efficacia non mondana, non misurabile in termini quantitativi, perché la parola del Signore è anche “parola della croce” (1Cor 1,18). Quando è seminata nei cuori degli ascoltatori, la parola di Dio deve essere accolta, interiorizzata e custodita, deve essere discreta rispetto alle altre parole e quindi essere realizzata, in modo che appaiano i suoi frutti: frutti quasi mai percepiti e visti dal discepolo, perché “come la Parola cresca in lui, egli non lo sa”.

 

Gesuiti Villapizzone (Milano);  Mc 4,26-34    

Guardate ciò che ascoltate –Il seme germoglia e cresce automaticamente. Bisogna prestare attenzione a come ascoltiamo la Parola: la nostra identità di figli corrisponde alla nostra capacità di ascolto. La parola è come un seme che genera secondo la sua specie: la Parola di Dio ci genera figli di Dio. Per questo il fondamento della nostra vita è “ascoltare la Parola”. Il Regno di Dio è il frutto della Parola: Gesù stesso, che ha le caratteristiche del seme.

 

Domenica 10 Giugno 2018 – X Domenica del T.O.

Ermes Ronchi, su Avvenire: Gesù, fuori dagli schemi anche per i suoi parenti

Enzo Bianchi, monastero di Bose: La nuova famiglia di Gesù 

Giudicato “eversivo”, andava dunque fermato. Ma non era stato questo il destino dei profeti? Con il suo modo di vivere e di parlare, infatti, il profeta disturba, perciò si preferisce farlo tacere, giudicandolo pazzo, delirante, fino a pensare di eliminarlo fisicamente (cf. Os 9,7). Ma all’ostilità dei familiari si aggiunge quella delle legittime autorità giudaiche. Gli scribi, discesi da Gerusalemme in Galilea, sono preoccupati dell’ascolto di Gesù da parte delle folle. Se per i suoi familiari Gesù è pazzo, gli esperti delle sante Scritture lo ritengono posseduto da Beelzebul, il capo dei demoni, che – costoro affermano – opera in lui fino a scacciare dalle persone i demoni inferiori.

 

Gesuiti Villapizzone (Milano); Mc 3,20-35