Archivio mensile:Settembre 2020

27 Settembre 2020 – XXVI Domenica del T.O.

Omelia don Mario Testa_26_09_2020_ 25° Roberta e Giuseppe >>>

Omelia_don Mario Testa_XXVI TO_27_09_2020 >>>

Vangelo

Mt 21,28-32

In quel tempo Gesù disse ai suoi dispepoli 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: «Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna». 29Ed egli rispose: «Non ne ho voglia». Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: «Sì, signore». Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Malgrado errori e ritardi Dio crede sempre in noi >>>  

La morale evangelica non è quella dell’obbedienza, ma quella della fecondità, dei frutti buoni, dei grappoli gonfi di mosto: volontà del Padre è che voi portiate molto frutto e il vostro frutto rimanga…
A conclusione: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti. Dura frase, rivolta a noi, che a parole diciamo “sì”, che ci vantiamo credenti, ma siamo sterili di opere buone, cristiani di facciata e non di sostanza. Ma anche consolante, perché in Dio non c’è condanna, ma la promessa di una vita buona, per gli uni e per gli altri.
Dio ha fiducia sempre, in ogni uomo, nelle prostitute e anche in noi, nonostante i nostri errori e ritardi nel dire sì. Dio crede in noi, sempre. Allora posso anch’io cominciare la mia conversione verso un Dio che non è dovere, ma amore e libertà. Con lui matureremo grappoli, dolci di terra e di sole.


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Il ricredersi del credente >>>

Il testo evangelico è composto dalla parabola vera e propria (vv. 28-30) e da un’applicazione (vv. 31-32). Entrambe le parti sono introdotte da una domanda: “Che ve ne pare?” (v. 28); “Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?” (v. 31). La domanda, frequente nel parlare di Gesù, appare come invocazione e come offerta. Invocazione e offerta di verità, di coinvolgimento, di relazione autentica. Al centro di entrambe le domande vi è la parabola: la prima chiede attenzione e la seconda, una presa di posizione. Così, la parabola stessa appare come domanda che agisce come terzo tra Gesù e i suoi interlocutori e cerca di condurli alla verità in modo rispettoso e delicato. La parabola diviene narrazione che parla di Giovanni Battista (“Giovanni venne a voi …”) sia in riferimento a prostitute e pubblicani che gli hanno creduto (“i pubblicani e le prostitute …”) sia ai suoi interlocutori che non gli hanno creduto (“voi invece …”). Il rovesciamento descritto nella parabola per cui chi ha risposto di sì al comando del padre in realtà non gli obbedisce e chi gli ha risposto di no alla fine gli obbedisce, diviene specchio della situazione esistenziale di emarginati e pubblici peccatori che scavalcano, “precedono” nel Regno coloro che sembravano gli obbedienti e i fedeli. Coloro cioè che tutto indicava avessero risposto di sì alla volontà di Dio Padre.


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html )

… Voi, pur avendo visto, neppure vi pentiste per credergli …

… Una piccola nota circa le parabole come tali e questa in particolare: rispetto a un ragionamento, magari anche logico, filato, che può evidenziare la situazione, la parabola pedagogicamente, didatticamente ha un vantaggio, perchéè come un messaggio che viene confezionato in modo adeguato, stabile e resta lì. Un ragionamento passa, se ha ottenuto effettibene, se no scade. La parabola invece è come un qualche cosa che a tempo e luogo, a un certo momento scarterai, guarderai  – scartare nel senso di aprire – e ti parlerà. …

l’illuminazione cristiana non consiste nell’avere luci particolari, vibrazioni straordinarie o altro, consiste nel conoscere la realtà e la prima realtà è che dico no e che sono lontano dalla mia verità e che mi resta molto cammino. È la distanza tra ciò che nel profondo sono come figlio di Dio e ciò che realizzo con le mie azioni.

È sostanzialmente il fallimento della mia impostazione delle mie azioni, che non corrisponde a ciò che sono.

Questa è la illuminazione: la coscienza del peccato che mi permette di camminare e scoprire la misericordia di Dio, l’amore gratuito e la mia verità più profonda e la verità più profonda di Dio.

Non è che uno è illuminato perché è così bravo da sentirsi tutto luce. Invece uno è sempre più vero, scopre sempre più la distanza e allora scopre la luce che è la sua distanza colmata dall’amore gratuito.

Questa è la luce: me amato infinitamente e gratuitamente.

E il passaggio è proprio questo no. … >>> pa.13

20 Settembre 2020 – XXV Domenica del T.O.

Vangelo

Mt 20,1-16
In quel tempo Gesù disse ai suoi dispepoli questa parabola:” 1 Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: «Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò». 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: «Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?». 7Gli risposero: «Perché nessuno ci ha presi a giornata». Ed egli disse loro: «Andate anche voi nella vigna».
8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: «Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi». 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: «Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo». 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: «Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?». 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Quel «dono» che mette l’uomo prima del mercato >>>  

La vigna è il campo più amato, quello in cui l’agricoltore investe più lavoro e passione, fatica e poesia. Senza poesia, infatti, anche il sorso di vino è sterile. Vigna di Dio siamo noi, sua coltivazione che non ha prezzo. Lo racconta la parabola del proprietario terriero che esce di casa all’alba, che già dalla prima luce del giorno gira per il villaggio in cerca di braccianti. E vi ritornerà per altre quattro volte, ogni due ore, fino a che c’è luce.
A questo punto però qualcosa non torna: che senso ha per un imprenditore reclutare dei giornalieri quando manca un’ora soltanto al tramonto? Il tempo di arrivare alla vigna, di prendere gli ordini dal fattore, e sarà subito sera. Allora nasce il sospetto che ci sia dell’altro, che quel cercatore di braccia perdute si interessi più degli uomini, e della loro dignità, che della sua vigna, più delle persone che del profitto. Ma arriviamo al cuore della parabola, la paga…


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Li hai fatti uguali a noi! >>>

Il testo evangelico di questa domenica è costituito da una parabola presente solamente nel primo vangelo e che urta la nostra sensibilità e per certi aspetti si presenta come irricevibile. La reazione che chiunque sente nascere spontaneamente in sé alla lettura di questa parabola è: “No, non è giusto”. Non è giusto che lavoratori che hanno faticato un’intera giornata sotto il caldo ricevano la stessa paga di chi ha lavorato un’ora sola, e per giunta la più fresca. Non è giusto che operai che hanno lavorato per tempi diversi impegnati nello stesso lavoro, ricevano la medesima retribuzione. Cerchiamo dunque di introdurci nella comprensione del testo. …


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html )

… Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?.…

È il dramma del giusto. È quel dramma che ha vissuto Paolo, che era irreprensibile nell’osservanza della legge e ha capito che tutto questo che per lui era un guadagno, era una perdita, perché c’è qualcos’altro. Cioè: la retribuzione che Dio ci dà è se stesso, che è Amore e Grazia.E i giusti si arrabbiano che Dio dia se stesso per amore e per grazia: vorrebbero il salario del loro sudore. Ma qualunque salario del nostro sudore sarà un po’ di sudore, non sarà Dio. Dio non è oggetto di guadagno o di perdita. E i giusti si incattiviscono perché Dio è Grazia, Amore e Perdono.Quindi questi giusti fanno l’unico peccato vero contro Dio. È l’uomo religioso che non accetta che Dio sia misericordia. È l’uomo buono che non accetta che il cattivo sia graziato da Dio. Si indurisce. …

18 Settembre 2020 – 26° anniversario della Consacrazione dell’Altare

DALL’ALTARE AL CUORE DEL MONDO

Carl Rahner *

Il teologo tedesco, nato nel 1904, ci spiega come Dio entra nella nostra vita umana mediante il ministero sacerdotale, che testimonia la presenza trasfigurante del Signore nel mondo: il sacerdote attualizza il mistero di Cristo per mezzo dei sacramenti, l’Eucaristia soprattutto, e attraverso la proclamazione della Parola, che insieme prepara e sviluppa la parola sacramentale.

Il sacerdote scende dall’altare, si immerge nel mondo, annunzia il messaggio a tempo e contro tempo, opera e lotta per il Regno di Dio, cercando di sottomettere la terra al dominio di Dio. Al principio e al termine del suo agire c’è l’attualizzazione del mistero di Cristo nell’offerta del sacrificio e nell’amministrazione dei sacramenti; al principio e al termine della sua parola c’è la parola sacramentale. Ma è proprio per questo che egli ha l’obbligo di dire qualche altra cosa oltre la parola sacramentale. Quando non è in senso stretto «forma» del sacramento, la proclamazione del mistero cristiano, cioè la parola cristiana, in sé non è altro che la preparazione e lo sviluppo della parola propriamente sacramentale. Essa resta sempre subordinata a quest’ultima; costituisce l’insegnamento che preparerà i popoli alla recezione del battesimo; mentre, per quelli che l’hanno ricevuto, rappresenta l’insegnamento dei comandamenti di Dio, affinché la vita battesimale rimanga attiva in essi e porti i frutti dello Spirito.

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6 Settembre 2020 – XXIII Doenica del T.O.

Vangelo

Mt 18,15-20

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:” 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. 19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Se amiamo siamo capaci di correggere senza ferire >>>  

..Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro. In mezzo a loro, come collante delle vite. Essere riuniti nel suo nome è parola che scavalca la liturgia, sconfina nella vita, Quando due o tre si guardano con verità, lì c’è Dio. Quando gli amanti si dichiarano: tu sei la mia vita, osso delle mie ossa, lì c’è Dio, nodo dell’amore, legame saldo e incandescente. Quando l’amico paga all’amico il debito dell’affetto, lì c’è Cristo, uomo perfetto, fine ultimo della storia, energia per ripartire verso il fratello, che se commette una colpa, tu vai, esci, prendi il sentiero e bussi alla sua porta. Forte della tua pienezza. . …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Ascolto, correzione, perdono >>>

…Subito dopo aver narrato questa breve parabola, Gesù parla del comportamento intracomunitario nei confronti del fratello che pecca. Troviamo qui l’eco di una pratica disciplinare che cercava di regolare e risolvere situazioni comunitarie ferite da peccati avvenuti all’interno della comunità. I vv. 15-17 si presentano come una sorta di indicazione di percorso, di regola di comportamento nei confronti del peccatore. Si tratta di indicazioni che manifestano la loro origine nell’esperienza vissuta, in situazioni che sono insorte e che hanno interrogato i responsabili delle comunità e hanno condotto all’elaborazione di un processo disciplinare ispirato a gradualità, a discrezione e a rispetto. Ma anche a fermezza. Il ricorrere per cinque volte in tre versetti di proposizioni condizionali (“se tuo fratello … se ti ascolterà … se non ascolterà … se non ascolterà costoro … se non ascolterà neanche l’assemblea”) esprime la riflessione ecclesiale su casi che si sono verificati e che hanno impegnato le comunità a dotarsi di regole, di limiti, di procedure per arginare comportamenti che, qualora fossero degenerati o divenuti consuetudine, avrebbero rovinato la comunità rendendo impossibile la vita ecclesiale. Sì, perché anche una comunità ecclesiale ha dei limiti, delle possibilità limitate, delle debolezze e non è onnipotente. Di fronte ai casi che possono verificarsi, troviamo poi indicazioni precise di comportamento che, di nuovo, riflettono l’esperienza maturata nelle comunità ecclesiali: “va’ e ammoniscilo fra te e lui solo … prendi con te una o due persone … dillo alla comunità … sia per te come il pagano e il pubblicano”.….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html )

… Avrai guadagnato il tuo fratello.…

… Questa sera siamo al puntopiù delicato del discorso sulla comunità, del discorso sullo stare insieme. Il fondamento è sempre l’accettazione incondizionata dell’altro, il fare la verità nella carità, far verità ma con amore. Il pericolo è di dimenticare però la verità in nome dell’amore e allora non è amore dimenticare la verità, perché fa male all’altro la menzogna.

Questa sera vedremo la cosiddetta correzione fraternache certamente è l’arte piùdifficile dello stare insieme.Stavo pensando che correzione fraternaimplica proprio forse questo binomio inscindibile anche se sta in termini un poco dialettici. Correzione fa pensare a qualcosa che sa di verità ma magari di durezza, ma c’è fraternache vuol dire quell’accoglienza, quell’accettazione, quel dato di amore che consente di fare la verità nella carità e di esercitare come servizio di amore e di carità anche qualcosa che aiuta uno a camminare, ad arrivare alla verità, ad una verità maggiore. . …