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16 Gennaio 2022 – II Domenica del T.O.

Omelia di don Mario Testa, Santa Messa del 9 Gennaio ore 18.00 >>>

Vangelo

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 2,1-11

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: A Cana il volto gioioso del Padre  >>>

Festa un po’ strana, quella di Cana di Galilea: lo sposo è del tutto marginale, la sposa neppure nominata; protagonisti sono due invitati, e alcuni ragazzi che servono ai tavoli. Il punto che cambia la direzione del racconto è il vino che viene a mancare. Il vino nella Bibbia è il simbolo dell’amore. E il banchetto che è andato in crisi racconta, in metafora, la crisi dell’amore tra Dio e l’umanità, un rapporto che si va esaurendo stancamente, come il vino nelle anfore. Occorre qualcosa di nuovo. Vi erano là sei anfore di pietra… Occorre riempirle d’altro, finirla con la religione dei riti esterni, del lavarsi le mani come se ne venisse lavato il cuore; occorre vino nuovo: passare dalla religione dell’esteriorità a quella dell’interiorità, dell’amore che ti fa fare follie, che fa nascere il canto e la danza, come un vino buono, inatteso, abbondante, che fa il cuore ubriaco di gioia (Salmo 104,15). Il Vangelo chiama questo il “principe dei segni”, il capostipite di tutti: se capiamo Cana, capiamo gran parte del Vangelo. A Cana è il volto nuovo di Dio che appare: un Dio inatteso, colto nelle trame festose di un pranzo nuziale; che al tempio preferisce la casa; che si fa trovare non nel santuario, nel deserto, sul monte, ma a tavola….


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Novità nella continuità >>>

Il testo evangelico di questa domenica è l’episodio delle “nozze di Cana” presente nel IV vangelo (Gv 2,1-12). Troviamo in questo testo quella simbolica nuziale che è cifra dell’incontro tra Dio e l’umanità già nel Primo Testamento. In particolare, la celebrazione delle nozze è immagine che allude all’alleanza tra Dio e il suo popolo. Il passo giovanneo può essere letto tenendo come griglia di lettura il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento. In quest’ottica va notato che Giovanni non si accontenta di risolvere questo rapporto con la polarità “promessa-compimento”, ma la arricchisce con la dialettica “continuità-novità”. Per Giovanni è nel corso di nozze già iniziate che Gesù interviene e fornisce il vino buono. Già qui vi è continuità e novità. Di più, il vino buono proviene dall’acqua che era già là (“Vi erano là sei anfore …”: Gv 2,6). Situate al “terzo giorno” (Gv 2,1), le nozze di Cana sono ripresa del passato, in quanto memoria dell’alleanza sinaitica avvenuta “il terzo giorno” (Es 19,10-11.16), e anticipazione del futuro, in quanto profezia della resurrezione che avverrà “il terzo giorno” (1Cor 15,4). Al centro di questa economia del tempo della salvezza si trova “l’ora” di Gesù (Gv 2,4), il momento dell’innalzamento che è anche il culmine della rivelazione della gloria di Dio. Simbolo dei tempi messianici e della rivelazione, il vino che Gesù dona è tratto dall’acqua contenuta nelle giare per la purificazione dei Giudei. Questo vino buono non è senza quell’acqua. La novità che Gesù porta si innesta nella continuità con l’alleanza stretta da Dio con il popolo d’Israele. Scrive Tommaso d’Aquino: “Se Gesù non ha voluto fare del vino partendo dal nulla, ma a partire dall’acqua, è per mostrare che egli non veniva assolutamente per fondare una nuova dottrina e rigettare l’antica, ma per compierla”. Anche il cristiano non possiede quel vino, ma lo può ricevere ogni giorno dalla parola di Gesù che trasforma l’acqua versata nelle giare d’Israele. La compresenza dell’Antico e del Nuovo Testamento nella liturgia della Parola all’interno dell’Eucaristia esprime il fatto che la Parola di Dio emerge dall’incontro e dal dialogo, presieduto e sempre rinnovato dallo Spirito, tra parola veterotestamentaria e parola neotestamentaria, in una dialettica di novità nella continuità. ….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Attingete adesso!
Il primo segno di Gesù anzi il “principio” dei suoi segni –
sorprende e spiazza ogni persona religiosa. L’acqua che diventa
vino dice il senso stesso del vangelo: Dio non dimora nel
tempio o nella legge, ma nella gioia dell’amore. Adesso
possiamo attingere con pienezza alle fonti della vita: possiamo
amare il Signore, perché lui è lo Sposo che ci ama di un amore
più forte della morte. La madre di Gesù appare solo qui e ai
piedi della croce, dove si consumano le nozze tra Dio e
l’umanità

Gv 2,1-12  

Domenica 9 Gennaio 2022 – BATTESIMO DEL SIGNORE – ANNO C – Festa

Omelia di don Mario Testa, Santa Messa del 9 Gennaio ore 18.00 >>>

Vangelo

Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 3,15-16.21-22

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Sul Giordano Gesù è nido della colomba del cielo >>>

Gesù stava in preghiera, e il cielo si aprì. Bellissima questa dinamica causa-effetto. Gesù sta in preghiera, e la meravigliosa risposta di Dio è di aprire il cielo. E non è vuoto e non è muto. Per ogni nostra preghiera la dinamica è sempre la stessa: una feritoia, una fenditura che si apre nel cielo chiuso e ne scende un volo di parole: Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento.
Ogni preghiera non fa che ripetere incessantemente questo: «Parlami / aspetto a carne aperta / che mi parli./ Noi non siamo qui per vivere / ma perché qualcuno / deve parlarci» (Franco Arminio).
E la prima parola è “Figlio”. La “parola” scende e si fa, nel deserto, e qui, un “figlio”. Dio è forza di generazione, che come ogni essere genera secondo la propria specie. Siamo specie della sua specie, abbiamo Dio nel sangue e nel respiro. Posta in principio a tutte, “figlio” è parola che sta all’inizio perché sta anche alla fine di tutto.
“Tu sei amato” è la seconda parola. Di immeritato amore, asimmetrico, unilaterale, incondizionato. Qui è posto il fondamento di tutta la legge. “Tu sei amato” è il fondamento; “tu amerai” è il compimento. Chi esce da questo, amerà il contrario della vita.


Luciano Manicardi, monastero di Bose: L’immersione nella preghiera  >>>

…In verità, Gesù dirà di essere venuto proprio a gettare un fuoco sulla terra, (Lc 12,49), ma questo fuoco non deve bruciare né scorie, né peccatori, ma è il fuoco in cui Gesù stesso sarà immerso: “Sono venuto a gettare un fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già divampato. Ma devo essere battezzato con un battesimo e come sono angustiato finché non sia compiuto” (Lc 12,49-50). Il battesimo in Spirito santo e fuoco ci sarà ma alla Pentecoste, quando Gesù sarà già passato attraverso la prova della passione e morte, quando Gesù avrà già compiuto il destino di colui che “compie guarigioni oggi e domani e il terzo giorno è consumato” (Lc 13,32). Del resto, la narrazione lucana ci suggerisce che Giovanni stesso è già stato battezzato in Spirito santo quando la madre di Gesù ha salutato sua madre, Elisabetta, e alla voce di Maria lo Spirito santo è sceso su Elisabetta e ha riempito anche Giovanni che nel seno materno ha sussultato di gioia (Lc 1,39-45). La risposta che Giovanni dà al popolo è giusta, ma tale che non solo dovrà essere completata e aggiornata, ma che Giovanni stesso non è cosciente di quanto essa riguardi anche lui personalmente. Di quanto, in certo modo, vi sia già immerso. …


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Tu sei il Figlio mio
Il Padre parla solo qui e nella trasfigurazione: L’unica sua parola
è Gesù, il figlio ch si mette in fila con i peccatori. In questa sua
scelta di farsi fratello di ogni uomo, tutti tornano a essere figli
di Dio.
Lc 3,21-30

Giovedì 6 Gennaio 2022 – EPIFANIA DEL SIGNORE – Solennità

Omelia di don Bernard Tondé, Santa Messa del 6 Gennaio ore 18.00 >>>

(Vangelo – Annuncio del giorno di Pasqua – Omelia)

Vangelo

Siamo venuti dall’oriente per adorare il re.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 2,1-12

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.


Dopo la lettura del Vangelo, il diacono o il sacerdote, o anche un cantore,

può dare l’annunzio del giorno della Pasqua.

  
Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.
Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il 17 aprile 2022.
In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.

Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:
Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 2 marzo 2022. 
L’Ascensione del Signore, il 29 maggio 2022. 
La Pentecoste, il 5 giugno 2022. 
La prima domenica di Avvento, il 27 novembre 2022.

Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli Apostoli, dei Santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.

A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen.

Sabato 1 Gennaio 2022 – MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO – Solennità.

Vangelo

I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,16-21

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.


31 DICEMBRE 2021

“TUTTO CONCORRE AL BENE PER COLORO CHE AMANO DIO” – Rm. 8, 28

Discorso del Parroco, don Mario Testa, di Fine Anno 2021 >>>

 


1 GENNAIO 2021

Omelia di don Mario Testa, Santa Messa del 1 Gennaio ore 11.00 >>>

25 Dicembre 2021 – Natale del Signore

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

Oggi è nato per voi il Salvatore.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,1-14

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: È in casa che si impara l’arte d’amare, di essere felici >>>

Nascita di Giovanni Battista.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,57-66


Luciano Manicardi, monastero di Bose: La gioia del vangelo >>>

… Il vangelo contiene una notazione originale e inconsueta. Se spesso il Nuovo Testamento afferma che Cristo è morto per noi, è morto e risorto per noi uomini, se spesso si dice che egli ha vissuto per gli altri, ha amato, ha incontrato, ha curato, ha guarito, ha perdonato, qui si dice che egli è nato per noi: “Oggi è nato per voi”. Perfino la nascita di colui che Bonhoeffer chiamava “l’uomo per gli altri” è posta dai vangeli sotto il segno della dedizione, del donarsi, dello spendersi, dell’essere non per sé, ma per altri. La nascita, evento che sfugge a ogni determinazione e volontà di colui che nasce, è colta come evento per, come evento che ha dei destinatari. È come se fin dalla nascita Gesù fosse strappato all’egocentrismo, al per sé, e destinato alla vita di altri, a dare pienezza di vita ad altri. E forse, nella nascita di Gesù vi è il segreto di ogni nascita e di ogni vita: ovvero che la gioia, e ancor prima il senso, nasce dallo spendersi per altri gratuitamente, senza attendere contraccambi e riconoscimenti, ma contenti del proprio essere per altri senza visibilità, come è senza visibilità esteriore la vita nascosta con Cristo in Dio. Chi nasce per altri è libero da sé. E questo è anche il senso del concepimento ad opera dello Spirito santo: perché lo Spirito nulla fa da sé e per sé, ma ciò che compie lo fa solo nello spazio dell’obbedienza e della fiducia. Chi è libero da sé è anche libero dalle tentazioni della rivendicazione come della vendetta, perché non ha nulla da difendere, nulla da pretendere, nulla da nascondere. La gioia ha dunque questa prima fondamentale caratteristica: vivere non per sé, ma per gli altri. …

Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

È nato oggi per voi il Salvatore.
L’imperatore celebra con il censimento il suo potere: è grande,
affascinante e terribile. Ha in mano tutti gli uomini, a sua
disposizione.
Oggi anche Dio celebra il suo potere.
È piccolo, fasciato e tremante. Si mette nelle mani di tutti, a
loro disposizione.
Se uno lo accoglie così com’è, nasce oggi per lui il Salvatore.

 

19 Dicembre 2021 – IV Domenica di Avvento

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,39-45

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Elisabetta e Maria, così è l’arte dell’incontro >>>

… Maria si mise in viaggio in fretta. Appena partito l’angelo, anche lei vola via da Nazaret. Il suo cammino sembra ricalcare a ritroso le orme che Gabriele ha lasciato nell’aria per giungere da lei: «gli innamorati volano» (santa Camilla Battista da Camerino).
Appena giunta in quella casa di profeti, Maria si comporta come Gabriele con lei. «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta»: angelo di un lieto annunzio, che il bimbo nel grembo della madre percepisce subito, con tutto se stesso, come una musica, un appello alla danza, una tristezza finita per sempre: «il bambino ha sussultato di gioia» . Il Santo non è più al tempio, è lì, nella carne di una donna, «dolce carne fatta cielo» (M. Marcolini). . …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Nel corpo di una donna >>>

…La IV domenica di Avvento dell’annata C presenta come vangelo il testo della cosiddetta “visitazione”, l’incontro di Maria ed Elisabetta narrato solo nel terzo vangelo. Mentre ormai ci si avvicina alla celebrazione del Natale, questo brano evangelico ci ricorda che il mistero dell’incarnazione non è riducibile all’evento puntuale della nascita. Come ogni uomo, Gesù è portato nel seno di una donna, abita per nove mesi nel grembo di Maria e tale grembo è sua casa, suo cibo, sua vita. Il venire al mondo è anzitutto l’esserci nel corpo di un altro: per Gesù (come per ogni umano) il corpo di una donna è il suo primo mondo. Noi avveniamo nel corpo di una donna.

Andando da Elisabetta è come se Maria volesse incontrarsi con se stessa incontrando l’altra donna, volesse guardarsi allo specchio guardando Elisabetta, tanta è l’analogia – pur nelle differenze – tra le due donne e le due vicende. Là una sterile divenuta feconda, qui una vergine che non ha relazioni con uomo e a cui viene annunciato un figlio. Non a caso Maria parte da sola. Nessuna menzione di Giuseppe, a differenza delle tradizioni presenti nel vangelo secondo Matteo, dove il viaggio di Maria in Egitto è sempre insieme a Giuseppe (Mt 2,13-23). Ciò che la muove e ciò a cui va incontro riguarda lei nel più intimo della sua interiorità, della sua persona. Il silenzio e la solitudine sono i sigilli di questa avventura interiore. L’obbediente Maria non può che restare nel silenzio e nella solitudine dopo ciò che è avvenuto in lei. Non può che custodire nel segreto il mistero che l’ha investita, ma ha anche bisogno di conferme. E il testo dice che Maria parte in fretta (Lc 1,39): ciò che la muove ormai è un’urgenza, un bisogno impellente, più suo che di Elisabetta stessa.

.….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Beata colei che ha creduto.
Maria, subito dopo aver detto “sì” a Dio, si mette al servizio al prossimo.
L’incontro tra le due cugine, che portano in grembo l’ultimo dei profeti e il Figlio di
Dio, rappresenta l’incontro tra Antico e Nuovo Testamento…

12 Dicembre 2021 – III Domenica di Avvento – GAUDETE

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

E noi che cosa dobbiamo fare?

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 3,10-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

 


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Le tre regole indicate da Giovanni per cambiare >>>

… Niente di straordinario. Giovanni non dice “lascia tutto e vieni nel deserto”; semplici cose fattibili da chiunque: non accumulare; se hai, condividi; non rubare e non usare violenza. Il brano si conclude con Giovanni che alza lo sguardo: Viene uno più forte di me e vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. È il più forte non perché si impone e vince, ma perché è l’unico che parla al cuore, l’unico che “battezza nel fuoco”. Ha acceso milioni e milioni di vite, le ha accese e le ha rese felici. Questo fa di lui il più forte. E il più amato.. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Il coraggio di una domanda >>>

…Ciò che unifica le tre categorie è la domanda. Giovanni assomiglia alla sentinella che nella notte intravede il sorgere dell’alba messianica e si rivolge a chi lo interpella dicendo. “Se volete domandare, domandate, convertitevi, venite” (Is 21,12). Qui folle, soldati e pubblicani vengono, domandano e sono invitati a conversione con richieste precise. La conversione può iniziare con il coraggio di una domanda. O, almeno, di ciò che una domanda significa. Riconoscendo cioè di avere una carenza e riconoscendolo davanti a un altro a cui ci si rimette e da cui si attende una parola, un’indicazione di via. La conversione inizia con la presa di coscienza della propria condizione reale, che è condizione di distanza rispetto alle esigenze evangeliche..….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Preparate la via del Signore. Cosa dobbiamo fare?
Giovanni Battista è il profeta che ci prepara ad accogliere il
Signore: chiede la conversione dai peccati e annuncia di
preparare la via del ritorno dall’esilio. Egli incarna le condizioni
necessarie per incontrare Gesù: realizza i desideri di giustizia,
di libertà e di fraternità, sintesi di tutto il messaggio biblico.
Convertirsi a Dio come Padre è aver cura del fratello. Tutti
siamo chiamati a condividere con gli altri ciò che abbiamo: se
non viviamo da fratelli, non accettiamo Dio come Padre. Chi ha
responsabilità pubbliche non deve imbrogliare; i militari poi
devono favorire la pace e non fare violenza. …

 

8 Dicembre – IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – Solennità

Vangelo

Ecco, concepirai un figlio e lo darai alla luce.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1, 26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
E l’angelo si allontanò da lei.

5 Dicembre 2021 – II Domenica di Avvento

Omelia di don Mario Testa >>>

Vangelo

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 3,1-6

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Giovanni, il profeta raggiunto dalla Parola >>>

Una pagina solenne, quasi maestosa, dà avvio a questo Vangelo. Da un luogo senza nome il racconto si lancia fino al cuore dell’impero romano, sconfina dal Giordano fino al trono di Tiberio Cesare. Il Vangelo attraversa le frontiere politiche, sociali, etniche, religiose, per introdurre Gesù, l’uomo senza frontiere, l’asse attorno al quale ruotano i secoli e i millenni, mendicanti e imperatori. Traccia la mappa del potere politico e religioso, e poi, improvvisamente, introduce il dirottamento: nell’anno 15° dell’impero di Tiberio Cesare, la parola di Dio venne… su chi? Sull’imperatore? Sul sommo sacerdote? Su un piccolo re? Su nessuno di questi, ma su di un giovane, un asceta senza tetto, che viveva mangiando il nulla che il deserto gli offriva: insetti e miele faticoso. La Parola di Dio vola via dal tempio, lontano dalle stanze del potere, e raggiunge un povero nel deserto, amico del vento senza ostacoli, del silenzio vigile, dove ogni sussurro raggiunge il cuore. La parola discese a volo d’aquila sopra Giovanni, figlio di Zaccaria nel deserto. La nuova capitale del mondo è un luogo senza nome, nelle steppe di Giuda. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Il deserto e la Parola >>>

Preparare la venuta del Signore, questo il messaggio della seconda domenica di Avvento. Ma preparare la venuta del Signore significa prepararsi. Immagine di questa preparazione è Giovanni Battista. Il testo odierno non parla ancora in dettaglio della predicazione di Giovanni, ma si limita a presentare Giovanni stesso. E a presentarlo nella solitudine. Giovanni prepara la venuta del Signore e si prepara ad accogliere il Veniente abitando la solitudine. Il testo di Luca accentua questa dimensione. Si evoca lo scenario della grande storia con i suoi protagonisti politici e religiosi obbligando il lettore a un enorme allargamento dello sguardo, ma poi l’attenzione si concentra sull’invisibile parola di Dio, sul minuscolo deserto della Giudea, sulla persona di Giovanni e sul libro delle Scritture, sulla profezia di Isaia citata molto più estesamente che in Marco (1,2-3) e in Matteo (3,3). La descrizione lucana presenta Giovanni come situato in un luogo, un deserto, e accanto a un libro, uno scritto: “come sta scritto nel libro (en biblío) degli oracoli del profeta Isaia” (Lc 3,4). Marco e Matteo sottolineano il cibo e il vestito di Giovanni, mentre Luca si attiene a ciò che viene ancora prima e che è più fondamentale ancora di queste due dimensioni pure basilari ed essenziali. Il luogo e il libro. La descrizione della cella di Antonio del deserto con cui Gustave Flaubert inizia il suo racconto La tentazione di sant’Antonio dice: “Si trova nella Tebaide, in vetta a una montagna a forma di mezza luna chiusa da macigni. La capanna dell’eremita è in fondo. È fatta di fango e canne, senza porte. Dentro vi si distingue una brocca con un pane nero, in mezzo, su una mensola in legno, un libro”. La cella e il libro, il libro della Scrittura, la cella e il vangelo: ovvero i luoghi per vivere la solitudine, per abitarla e renderla feconda. E preparare così se stessi alla venuta del Signore.….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Preparate la via del Signore. Cosa dobbiamo fare?
Giovanni Battista è il profeta che ci prepara ad accogliere il
Signore: chiede la conversione dai peccati e annuncia di
preparare la via del ritorno dall’esilio. Egli incarna le condizioni
necessarie per incontrare Gesù: realizza i desideri di giustizia,
di libertà e di fraternità, sintesi di tutto il messaggio biblico.
Convertirsi a Dio come Padre è aver cura del fratello. Tutti
siamo chiamati a condividere con gli altri ciò che abbiamo: se
non viviamo da fratelli, non accettiamo Dio come Padre. Chi ha
responsabilità pubbliche non deve imbrogliare; i militari poi
devono favorire la pace e non fare violenza. …

28 Novembre 2021 – I Domenica di Avvento

Omelia don Bernard Tondé >>>

Vangelo

La vostra liberazione è vicina.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 21,25-28.34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Se non alzi il tuo capo non vedrai l’arcobaleno >>>

Ricomincia da capo l’anno liturgico, quando ripercorreremo un’altra volta tutta la vita di Gesù. L’anno nuovo inizia con la prima domenica d’Avvento, il nostro capodanno, il primo giorno di un cammino (quattro settimane) che conduce a Natale, che è il perno attorno al quale ruotano gli anni e i secoli, l’inizio della storia nuova, quando Dio è entrato nel fiume dell’umanità. Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per ciò che dovrà accadere. Il Vangelo non anticipa la fine del mondo, racconta il segreto del mondo: ci prende per mano e ci porta fuori, a guardare in alto, a sentire il cosmo pulsare attorno a noi; ci chiama ad aprire le finestre di casa per far entrare i grandi venti della storia, a sentirci parte viva di una immensa vita. Che patisce, che soffre, ma che nasce. Il mondo spesso si contorce come una partoriente, dice Isaia, ma per produrre vita: è in continua gestazione, porta un altro mondo nel grembo. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Dramma e speranza >>>

La prima domenica di Avvento ci fa entrare in un nuovo anno liturgico (l’annata liturgica C) in cui la pericope evangelica domenicale è tratta dal vangelo secondo Luca. Vangelo che, a differenza di tutti gli altri, costituisce la prima parte di un’unica opera la cui seconda parte è consiste negli Atti degli Apostoli, che potremmo definire “la prima storia del cristianesimo”. Costruendo questo complesso Luca ha voluto mostrare che la vita della Chiesa (di cui gli Atti narrano la nascita con la Pentecoste e poi i primi passi soprattutto attraverso le figure di Pietro e Paolo) è radicata in Cristo e trova in lui il suo centro di gravità. Non a caso, gli Atti iniziano riassumendo così il terzo vangelo: “Nel primo racconto, o Teofilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito santo” (At 1,1-2). Il vangelo lucano contiene dunque “ciò che Gesù fece e insegnò”. E tra gli insegnamenti di Gesù vi è il discorso escatologico, il discorso sulle cose ultime, da cui è tratta la pericope della I domenica di Avvento (Lc 21,25-28.34-36).

Nel suo discorso escatologico, Gesù spiega che la distruzione del tempio non è segno della fine del mondo (Lc 21,5-9), ma inizio dei “tempi delle genti” (Lc 21,24), che sono i tempi della storia, tempi che avranno fine con la venuta del Figlio dell’uomo. Luca accenna appena alla parusia (“Allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire su una nube con grande potenza e gloria”: Lc 21,27), mentre mostra piuttosto le reazioni degli uomini a questo evento escatologico. L’accento è sulla storia che è il luogo in cui il credente è chiamato a sperare vigilando e pregando in mezzo a tribolazioni. La venuta gloriosa del Signore è vista da Luca nelle reazioni che produce sugli uomini: il dramma escatologico è un dramma umano, storico, esistenziale. Eventi catastrofici nella natura e nella storia, in cielo e in terra, che saranno motivo di angoscia e smarrimento, di attesa ansiosa, di paura e morte per tanti uomini, per i credenti potranno essere il segno dell’avvicinarsi della salvezza. “Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28). Alzare il capo significa anche “alzare gli occhi” e vedere ciò che a molti resta invisibile: la salvezza che avanza tra le tribolazioni storiche, il Regno che emerge da dietro le macerie della storia, la promessa del Signore che resta salda anche nell’accumularsi delle rovine “sulla terra” (Lc 21,25). Nessun pessimismo, nessun far coincidere le catastrofi naturali e storiche, per quanto devastanti, le guerre, le pandemie, le crisi ecologiche con la fine del mondo, ma anche nessun cinismo, nessuna fuga dai dolori e dalle assurdità del reale per rifugiarsi in una visione spiritualistica o ingenuamente ottimista….


Gesuiti Villapizzone, Milano ( http://www.gesuiti-villapizzone.it/sito/lectio/vangeli.html

Attenti a voi stessi.
Nella notte del mondo, invece di chiudere gli occhi e stordirci,
siamo invitati a essere vigili e sobri, sapendo che viene il
giorno

Tutti abbiamo paura della morte e della fine del mondo.
Sappiamo però che la nostra vita e la nostra storia
hanno come fine l’incontro con il Figlio dell’uomo che ci
ama e ha vinto la morte. Le difficoltà della lotta contro il
male non sono motivo di scoraggiamento, ma di
speranza: stiamo seguendo il suo cammino di croce e di
gloria.

Lc 21,25-28  Lc 22,31-38