Archivio mensile:Maggio 2022

29 Maggio 2022 – Ascensione del Signore – Solennità

L’Ascensione del Signore nell’innografia di Romano il Melode >>>


Omelia di don Mario Testa ore 11.00 >>>

Vangelo

Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 24,46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: L’ultimo gesto di Gesù è benedire >>>

Con l’ascensione di Gesù, con il suo corpo assente, sottratto agli sguardi e al nostro avido toccare, inizia la nostalgia del cielo. Aveva preso carne nel grembo di una donna, svelando il profondo desiderio di Dio di essere uomo fra gli uomini e ora, salendo al cielo, porta con sé il nostro desiderio di essere Dio.
L’ascensione al cielo non è una vittoria sulle leggi della forza di gravità. Gesù non è andato lontano o in alto o in qualche angolo remoto del cosmo. È “asceso”’ nel profondo degli esseri, “disceso” nell’intimo del creato e delle creature, e da dentro preme come forza ascensionale verso più luminosa vita. A questa navigazione del cuore Gesù chiama i suoi. A spostare il cuore, non il corpo. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Il compimento nel distacco >>>

Noi celebriamo la festa dell’Ascensione, che in verità è parte costitutiva dell’atto unico e indivisibile che è l’evento pasquale. Mentre celebriamo l’Ascensione, del resto, il testo evangelico stesso della liturgia odierna ci rinvia alla morte e resurrezione di Gesù e all’attesa della sua venuta. Il vangelo ci riporta al primo giorno dopo il sabato quando i discepoli sono ancora increduli, sotto lo shock della perdita del loro Signore e nell’angoscia del vuoto da lui lasciato. Nel vangelo viene dunque fondata la fede nella resurrezione (“Così sta scritto: ‘Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno’”: v. 46), viene annunciata la missione dei discepoli nella storia (“nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e la remissione dei peccati”: v. 47) e infine i discepoli sono situati dal Risorto nell’attesa del dono dello Spirito santo (“io mando su di voi ciò che il Padre mio ha promesso”: v. 49).

Ora, il paradosso è che il compimento della promessa celebrato nell’Ascensione passa attraverso un vuoto, o meglio, un distacco. Non un pieno, ma una mancanza. Il compimento? Una mancanza. Un distacco. Non una presenza, ma un’assenza. Il compimento? Non una relazione constatabile, visibile e tangibile, ma una distanza. E su questo dobbiamo riflettere anche per la nostra vita spirituale.


 

22 Maggio 2022 – VI DOMENICA DI PASQUA

 

Vangelo

Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,23-29

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Così la vita fiorirà in tutte le sue forme >>>

Se uno mi ama osserverà la mia parola. Amare nel Vangelo non è l’emozione che intenerisce, la passione che divora, lo slancio che fa sconfinare. Amare si traduce sempre con un verbo: dare, «non c’è amore più grande che dare la propria vita» (Gv 15,13). Si tratta di dare tempo e cuore a Dio e fargli spazio. Allora potrai osservare la sua Parola, potrai conservarla con cura, così che non vada perduta una sola sillaba, come un innamorato con le parole dell’amata; potrai seguirla con la fiducia di un bambino verso la madre o il padre. Osserverà la mia parola, e noi abbiamo capito male: osserverà i miei comandamenti. E invece no, la Parola è molto di più di un comando o una legge: guarisce, illumina, dona ali, conforta, salva, crea. La Parola semina di vita i campi della vita, incalza, sa di pane, soffia forte nelle vele del tuo veliero. La Parola culmine di Gesù è tu amerai. Custodirai, seguirai l’amore. Che è la casa di Dio, il cielo dove abita, ecco perché verremo e prenderemo dimora in lui. Se uno ama, genera Vangelo. Se ami, anche tu, come Maria, diventi madre di Cristo, gli dai carne e storia, tu «porti Dio in te» (san Basilio Magno)…..


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Lo Spirito promesso >>>

Nell’itinerario che nel tempo pasquale conduce alla celebrazione della Pentecoste, dunque del dono dello Spirito, la VI domenica di Pasqua ha al suo centro la promessa dello Spirito santo. Dire “promessa dello Spirito santo” è quasi una tautologia perché nome dello Spirito è, secondo Lc 24,49, “la promessa del Padre mio”. Anche Ef 1,13 associa promessa e Spirito santo parlando dello “Spirito santo della promessa”, cioè dello Spirito santo che è stato promesso. Il parlare di Dio, in estrema sintesi, è parola di promessa, e la promessa è promessa dello Spirito. Come la parola cerca comunione e tende all’alleanza, così lo Spirito. Nell’esperienza di fede lo Spirito è e resta promessa, realtà posta davanti a noi (pro-mittere), mai posseduta, ma sempre attesa, invocata, ricercata, desiderata. Realtà che ci può guidare, animare, ispirare, ma che mai e poi mai può coincidere con noi o essere da noi esaurita. Realtà che può essere sperimentata, che può perfino rendersi visibile nella persona umana grazie ai frutti che essa suscita, frutti di gioia, di carità, di giustizia, di pace, ma che non sarà mai posseduta una volta per sempre….

15 Maggio 2022 – V DOMENICA DI PASQUA

Omelia don Mario Testa – 14 Maggio ore 18.00 >>>

Omelia don Mario Testa – 15 Maggio ore 11.00 >>>

Vangelo

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 13,31-33a.34-35

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

 


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: L’amore di Cristo fa sbocciare la speranza >>>

Se cerchiamo la firma inconfondibile di Gesù, il suo marchio esclusivo, lo troviamo in queste parole. Pochi versetti, registrati durante l’ultima cena, quando per l’unica volta nel vangelo, Gesù dice ai suoi discepoli: «Figlioli», usa una parola speciale, affettuosa, carica di tenerezza: figliolini, bambini miei. …
«Vi do un comandamento nuovo: come io ho amato voi così amatevi anche voi gli uni gli altri». Parole infinite, in cui ci addentriamo come in punta di cuore, trattenendo il fiato.
Amare. Ma che cosa vuol dire amare, come si fa?
Dietro alle nostre balbuzie amorose c’è la perdita di contatto con lui, con Gesù. Ci aiuta il vangelo di oggi. La Bibbia è una biblioteca sull’arte di amare. E qui siamo forse al capitolo centrale. E infatti ecco Gesù aggiungere: amatevi come io ho amato voi. …

L’amore ha un come, prima che un ciò, un oggetto. La novità è qui, non nel verbo, ma nell’avverbio. Gesù non dice semplicemente «amate». Non basta amare, potrebbe essere solo una forma di dipendenza dall’altro, o paura dell’abbandono, un amore che utilizza il partner, oppure fatto solo di sacrifici. Esistono anche amori violenti e disperati. Amori tristi e perfino distruttivi.
Come io ho amato voi. Gesù usa i verbi al passato: guardate a quello che ho fatto, non parla al futuro, non della croce che pure già si staglia, parla di cronaca vissuta. Appena vissuta. Siamo nella cornice dell’Ultima Cena, quando Gesù, nella sua creatività, inventa gesti mai visti: il Maestro che lava i piedi nel gesto dello schiavo o della donna. Offre il pane anche a Giuda, che lo ha preso ed è uscito. E sprofonda nella notte. Dio è amore che si offre anche al traditore, e fino all’ultimo lo chiama amico. Non è amore sentimentale quello di Gesù, lui è il racconto inedito della tenerezza del Padre; ama con i fatti, con le sue mani, concretamente: lo fa per primo, in perdita, senza contare.


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Così anche voi >>>

…. Espresso in forma di comando (”Amatevi”), l’amore che Gesù chiede di praticare ai suoi discepoli, ha forma pasquale, chiede un’uscita da sé da parte del discepolo per accogliere in sé la forma di Cristo, e “forma e figura di Cristo in noi è l’amore” (Cirillo di Alessandria). Vivere l’amore come Gesù l’ha vissuto significa partecipare alle energie del Risorto, passare dalla morte alla vita, significa confessare nelle relazioni quotidiane la fede pasquale. Come l’amore vissuto da Gesù è la forza intima della resurrezione, così Gesù indica ai discepoli la via dell’amore come via per fare della resurrezione una prassi, per vivere cioè la novità cristiana narrando esistenzialmente nel quotidiano che la morte non ha l’ultima parola….


Vi dò un comando nuovo: che vi amiate gli uni gli altri
come io amai voi
Per andare dove va Gesù non c’è altra via che quella del suo
comando: amarci con lo stesso amore con il quale lui ci ama.
Pietro seguirà Gesù quando, dopo averlo rinnegato, scoprirà
come lui lo ama: lo ama come ama Giuda, di amore assoluto e
incondizionato. Se accoglie questo amore del Figlio per sé,
potrà con esso amare i fratelli come lui stesso è amato.

Gv 13,33-38  

 

 

8 Maggio 2022 – IV DOMENICA DI PASQUA – B.V. VERGINE DEL SANTO ROSARIO DI POMPEI

Omelia don Mario Testa – 8 Maggio ore 19.00 >>>

Vangelo

Alle mie pecore io do la vita eterna.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 10,27-30

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».


Ermes Maria Ronchi, su Avvenire: Le parole di Gesù: voce soave e mano forte >>>

Perché le pecore ascoltano? Non per costrizione, ma perché la voce è bellissima e ospita il futuro. Io do loro la vita eterna!(v.28). La vita è data, senza condizioni, senza paletti e confini, prima ancora della mia risposta; è data come un seme potente, seme di fuoco nella mia terra nera. Linfa che giorno e notte risale il labirinto infinito delle mie gemme, per la fioritura dell’essere.
Due generi di persone si disputano il nostro ascolto: i seduttori e i maestri. I seduttori, sono quelli che promettono vita facile, piaceri facili; i maestri veri sono quelli che donano ali e fecondità alla tua vita, orizzonti e un grembo ospitale. …


Luciano Manicardi, monastero di Bose: Pecore che ascoltano >>>

L’accento della IV domenica di Pasqua cade sempre su Gesù come pastore. Il Gesù che ha guidato i suoi discepoli durante la sua vita itinerante e di annuncio del Regno di Dio, ha formato una comunità, ha fatto di alcune persone eterogenee, in buona parte modeste, a volte litigiose, a volte gelose, spesso poco intelligenti, una comunità. Di queste pecore riottose e malate, alcune deboli, altre forti e prepotenti, ha fatto il piccolo gregge, capace di essere un segno del Regno di Dio nella storia. E al di là di tutti i miracoli narrati dai vangeli, questo è il miracolo veramente grande, la sconcertante impresa che Gesù ha portato a termine, certo, pagandone un alto prezzo. L’annuncio di Gesù quale pastore è espresso, in questa domenica, mediante alcuni versetti tratti da quel capitolo decimo del IV vangelo al cui cuore vi è appunto la rivelazione di Gesù “buon pastore”, il pastore per eccellenza. Quale autentico pastore, Gesù svela anche quali siano le autentiche sue pecore: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono” (Gv 10,27). Ascoltare e seguire sono dunque elementi che danno contenuto a quel “credere” che è legame decisivo e autentificante dell’uomo con il suo Signore. Non a caso Gesù si è appena rivolto ai suoi avversari dicendo loro: “Voi non credete perché non fate parte delle mie pecore” (Gv 10,26).


Io e il Padre siamo uno
L’uomo Gesù è Cristo e Figlio di Dio: libera la nostra libertà
rivelando che Dio è Padre amante e noi figli amati. Sarà ucciso
perché si proclama Figlio. Ma proprio in quanto ucciso,
offrendo la vita per noi, si rivela Dio e ci salva. Il cristianesimo è
una bestemmia per tutte le religioni: Dio ama l’uomo, si fa
simile a lui e dona la propria vita a lui che gliela toglie. Alla
legge giusta, che condanna i malvagi, subentra l’amore che li
salva tutti

Gv 10,22-42